mercoledì 24 luglio 2013

Control

- di Anton Corbijn (2007)


Questo film ripercorre le vicende dei Joy Division, band musicale del genere post-punk che si esprime sulla scena Inglese di fine anni ’80. In verità, il film si focalizza sulla storia personale del cantante di questo gruppo, Ian Kevin Curtis. La sua vita e la sua arte sono un tutt’uno, la musica è un momento espressivo liberatorio e angosciante allo stesso tempo, perché solo lassù sul palco egli vive e descrive la sua esperienza.

Il forte interesse che suscita questo film deriva dalla complessità che riesce ad intrappolare sulla pellicola. Complessità che si cerca di racchiudere in una sola parola “Control,” la quale deriva da una delle canzoni più note “ She lost control”, scritta da Ian dopo aver assistito sgomento ad una giovane ragazza in preda alle convulsioni causate dall’epilessia, la stessa malattia che affligge il cantante.

La crisi epilettica è un evento clinico transitorio, dovuto a un'improvvisa alterazione dello stato di equilibrio delle membrane neuronali che, attraverso un meccanismo di depolarizzazione, determina una scarica improvvisa, ipersincrona di una popolazione di neuroni. Un attacco epilettico con convulsioni di tutto il corpo è anche detto Grande Male e si distingue da un attacco con sola manifestazione di “assenza” detto Piccolo Male.

In “Disorder” così, Ian Curtis, descrive l’esperienza di una crisi epilettica:

It's getting faster, moving faster now, it's getting out of hand, 

On the tenth floor, down the back stairs, it's a no man's land,
Lights are flashing, cars are crashing, getting frequent now,
I've got the spirit, lose the feeling, let it out somehow

“Sta diventando più veloce, adesso si muove più velocemente,
sta scappando di mano. Al decimo piano, giù per le scale di servizio, è una terra di nessuno.
Le luci stanno abbagliando, le macchine si stanno scontrando, sempre più spesso ora.
Ho raggiunto lo spirito, ho perso le sensazioni, uscite in qualche modo”


Perdere il controllo dunque e cercare di riconquistarlo, rimanendo storditi, impotenti e poi frammentati. Questa sembra essere la natura soggiacente tanto all’esperienza della malattia epilettico-convulsiva quanto alla sua vita, le canzoni descrivono entrambe con le stesse parole che si possono leggere in modo diverso.

Riprendendo un’immagine famosa di Albert Einstein “La vita è come una bicicletta, se vuoi stare in equilibrio devi andare avanti” si può spiegare il concetto di omeostasi, ovvero quell’equilibrio particolare basato non sulla staticità ma sulla dinamicità. Uno scambio continuo tra l’uomo e l’ambiente, tra gli stimoli che ci investono e il controllo del corpo per andare loro incontro. Se questo scambio continuo si sbilancia, e ciò può avvenire sia al livello fisico che a quello psichico, le oscillazioni si fanno sempre più forti fino a fare perdere la sincronia e uccidere il sistema. Così ogni morte può essere descritta come una perdita dell’omeostasi che l’individuo manteneva con il suo ambiente.

Immaginate di pedalare su una bicicletta in una strada ampia, riuscirete ad andare dritti abbastanza tranquillamente. Immaginate ora che la strada si restringa fino ad  una piccola striscia d’asfalto su cui correre e il baratro a destra e a sinistra, le oscillazioni del manubrio possono facilmente farvi precipitare e la paura che ciò accada non può che facilitare la perdita del controllo.

Così Ian descrive la crisi epilettica di lei in “She lost control

“And walked upon the edge of no escape,
And laughed I've lost control.
She's lost control again. 
[…] I could live a little in a wider line,
When the change is gone, when the urge is gone, ..”

E camminò lungo l’orlo del non ritorno,
E rise: Ho perso il controllo.
Lei aveva perso il controllo di nuovo.
[…] Potrei vivere su una linea un poco più larga.
Quando il cambiamento è spacciato, quando l’impulso si è liberato…

Ma cos’è che restringe la  strada nella storia di Ian Curtis? Sono le pressioni sociali, insostenibili che lo portano all’isolamento rendendolo aggressivo verso gli altri e verso se stesso; sono le relazioni amorose che lo frammentano fra sensi di colpa e responsabilità, sono la musica stessa momento espressivo massimo e culmine della fragilità verso le crisi epilettiche.



“When routine bites hard,
And ambitions are low, 
And resentments ride high,
But emotions won't grow,
And we're changing our ways,
Taking different roads

Then love, love will tear us apart again.”

"Quando la routine morde forte,
e le ambizioni sono basse,
e i risentimenti cavalcano alti,
ma le emozioni non cresceranno più
e noi stiamo cambiando i nostri modi di essere,
prendendo strade diverse

Allora l’amore, l’amore ci dilanierà ancora."


Il film è grande in questo: non c’è certezza nell’identificare quali eventi causano altri eventi nella vicenda del protagonista, sebbene gli uni precedano temporalmente gli altri nel corso della vita. Così non sappiamo se sia la malattia neurologica o il malessere psicologico o il disagio sociale alla base di tutto il resto, come causa primaria. Vediamo invece spirali che si autoalimentano nel portare un improvviso quanto fulminante benessere nella prima parte e nella seconda parte conducendolo verso l’abisso, fatale.


Il passato è già parte del mio futuro... e il presente è fuori dal mio controllo”

martedì 12 marzo 2013

Bellezza

Ci avete mai pensato alla bellezza?
Quante volte usiamo la parola bello, la parola bellezza, il superlativo bellissimo? Una moltitudine di volte non numerabile.
Ma cosa intendiamo? Cosa è bello? Cosa è bellezza? Cosa è bellissimo? E così via.
Non è un brano da quarta di copertina, sono reali quesiti che mi pongo, ci poniamo.

C'è un progetto teatrale del teatro Stabile di Torino che si chiama Cerchiamo Bellezza; sono entrato all'interno di questo progetto grazie a una serie di fortunati eventi.
Lungo la strada ho capito che quelle due parole non fossero un titolo, non solo. Le ho incominciate a recepire come una missione.
Per questo mi trovo qui a discutere con voi della bellezza.

Sento che abbiamo più che mai bisogno di bellezza, lo sento dai racconti degli amici, dei conoscenti, dei perfetti sconosciuti. Non di una bellezza vaga e tangibile quanto un ideale etereo; parlo della bellezza che dalle nuvole scende sulla terra e bagna i nostri corpi.
C'è qualcosa nella generazione dei ventenni, trentenni attuali di profondamente spento e di profondamente antitetico alla bellezza. C'è della bellezza corrotta, ci sono desideri ovattati, c'è una supplenza alla bellezza, alla felicità, alla vita che si sta prolungando troppo, e rischia di sostituirsi ai reali concetti. Rischia di diventare un sottovaso ad una pianta che vuole crescere, vuole espandersi.
Ho paura di questa generazione che si sta confezionando in una moltitudine di pacchettini anonimi; ho bisogno di alberi piantati nella terra di un campo, senza margini, senza confini ad ostacolare la crescita, il respiro, lo scambio.

Ho modo di credere che ogni persona cerca bellezza.
Interagite nel sito e nella pagina fb di Cerchiamo Bellezza, lì ognuno è libero di riportare ciò che vuole, di disquisire, di confrontarsi. Questo progetto ha dato una forma e una comunione di sensi ad una ricerca che appare comune.
Interagite qua, in questo blog, che è nato tanto tempo fa proprio per discutere di ciò che non riusciamo pienamente a comprendere e che però sottolinea i gesti di ogni giorno.
Fosse solo la mancata comprensione di certi aspetti della vita penso sarebbero pochi a parlarne, ma ho la percezione che nelle parole, negli sguardi, nei racconti ogni giorno ognuno discuta di questo senso di inquietudine.
Interagiamo anche di persona affinché questa ricerca sia anche costruzione.

Vi ringrazio, in ogni caso.
ZVS