domenica 26 agosto 2012

Quando si è pronti a vivere si muore.

Riprendo un'intuizione già presente in qualche post fa.
Collego esperienze diverse e arrivo a delineare un tema narrativo ricorrente.
Il tema è quello di una persona che compie un percorso di evoluzione o meglio di liberazione da qualcosa che ne costringe la vita, la blocca.. Questa persona, dopo le difficili sfide che deve superare con coraggio, vede la luce, si libera spiccando il volo. La felicità dura però poco perchè un attimo dopo sopraggiunge la morte lasciando esterrefatto l'ascoltatore della narrazione. Chi aveva tifato fino a quel momento per l'eroe viene stroncato proprio all'apice della salita quando la vita avrebbe potuto proseguire per sempre felice.

L'ascoltatore si chiede perché l'autore della narrazione abbia scelto tale tragica fine. Si può pensare che il messaggio sia appunto tragico: ogni sforzo è vano, quando i vinti sembrano potercela fare ecco che la fortuna volta loro le spalle e malignamente ne uccide le speranze.

Oppure si può fare un'altra ipotesi: il compito  vitale della persona è stato compiuto. Esso non è sopravvivere e nemmeno riprodursi, bensì imparare a vivere intensamente, pienamente e a cuore aperto.
Quando si è pronti a vivere quindi, si muore. La vita finisce come in un disegno portato a termine perchè ciò che doveva essere fatto è stato fatto.
La tensione narrativa si spacca come un elastico teso fino all'ultimo centimetro e il terremoto prodotto distrugge la ragione stessa che teneva in vita : il sentimento di mancanza, la ricerca della libertà.
Nessun "e vissero felici e contenti" , ma solo "e morì sul più bello".

Faccio alcuni esempi per rendere più concreta l'idea:


Film "Fantozzi in paradiso" (1993).  A Fantozzi viene diagnosticata una malattia incurabile che lo porterà alla morte entro una settimana. La moglie, pur essendo tenuta all'oscuro, scopre la condanna che pesa sul marito e decide, con un atto d'amore supremo, di spendere i risparmi per fargli un regalo che lo renderà felice almeno una volta nella vita: gli compra un rapporto sessuale completo con la donna che lui ha sempre carnalmente desiderato. Fantozzi dopo aver consumato scopre accidentalmente l'accordo fra la moglie e la signora Silvani, commosso dal gesto d'amore torna da lei dichiarandole la sua stupidità. Tuttavia poco dopo muore non per la malattia erroneamente diagnosticata ma perché al culmine della felicità viene investito da un camion e poi spiaccicato da un rullo compressore.

Fantozzi risolve la prigionia delle passioni facili e si accorge della portata dell'amore che gli ha sempre dedicato la moglie Pina.


Libro/film "Into the wild" Jon Krakauer (1996). Alex Supertramp, non riuscendo a tollerare un senso di inadeguatezza misto a vergogna per appartenere ad  una società materialista e consumista che promuove un mito del successo basato sulla ricchezza di poche persone a scapito dello sfruttamento di tanti, decide di fuggire dalla civiltà. Lo fa ricercando progressivamente l'isolamento sociale, l'allontanamento da qualsiasi rapporto immergendosi contemporaneamente nella natura più selvaggia. Ad un certo punto della sua avventura tuttavia Alex intuisce che non è possibile fare a meno degli altri e appunta sulle pagine del libro "Il dottor Zivago" la frase: " ..la felicità è vera solo se condivisa". Forse pronto per rimettersi sulla strada di casa, per tornare a condividere con le persone care la sua scoperta, Alex, ignaro della tossicità dei semi di una pianta, ne ingerisce una notevole quantità e nel giro di pochi giorni muore.

Supertramp aveva capito l'impossibilità di pensare il singolo isolato dagli altri, nei quali lo stesso singolo trova la sua ragion d'essere, la condivisione.


Nel film "Il Sorpasso" di Dino Risi, (1962), Roberto studente universitario un po' timido e impaurito dalle conseguenze che ogni sua singola azione può avere su di lui e sugli altri, non riesce a sbloccarsi nel corso del primo "road-movie" della storia del cinema. Al termine di un avventuroso viaggio in macchina finalmente sta andando incontro alla ragazza a cui nemmeno osava rivolgere la parola quando, liberatosi dalle inibizioni, intima a Bruno di accelerare. Lo schianto con la Lancia 600 Aurelia risparmia il guidatore ma lascia senza vita Roberto, proprio quando era pronto a prenderla con più leggerezza, osando per incontrare gli altri.




Libro "L'eleganza del riccio" (2006) di Muriel Barbery/ Film "Il riccio"(2009). Una donna schiacciata ed emarginata da una spietata società borghese perbenista, si ritaglia un nascondiglio nella portineria di un palazzo signorile e nel suo lavoro di portinaia. Un nascondiglio fatto di libri grazie ai quali disseta la sua vita di deserti affettivi e sociali. L'incontro con una ragazza speciale e un uomo orientale d'animo generoso la conduce a provare quelle emozioni che solo attraverso la lettura dei classici della letteratura aveva sperimentato. Finalmente pronta all'amore viene investita da un camion della tintoria e muore.

Questo che segue è parte del suo dialogo interiore finale: "Come si decide il valore di una vita? L'importante, mi ha detto un giorno Paloma, non è morire, ma cosa si fa nel momento in cui si muore. Che cosa facevo nel momento della morte? [...] Avevo incontrato l'altro ed ero pronta ad amare."


Questi erano esempi dell'illuminazione in punto di morte, volendo anche del cristiano pentimento in punto di morte, ma non nel senso del pentimento che scaturisce dalla paura di essere giudicati nell'aldilà, bensì a termini invertiti, nella morte che sopraggiunge solo quando il passo verso la vita è stato compiuto.

Ora non vorrei che pensiate che abbia descritto una premonizione certa per coloro che intraprendono una strada di liberazione, ho cercato di descrivere una narrazione che mi sembra ricorrente in alcune opere letterarie e cinematografiche, a parte la vita di Alex Supertramp che era vera.

Cosa ha spinto gli uomini a ripescare ogni tanto questa traccia? L'effetto scioccante che si provoca nel lettore/spettatore? La possibilità di poter evitare la descrizione o anche solo il pensiero dei noiosi anni in cui si vive felici e contenti? Oppure una reale filosofia che vede nella "goccia di splendore" che chiude il cerchio un senso etico e allo stesso tempo estetico dell'esistenza? 

Anche se resta solo una narrazione penso ad una persona che ha tanti anni sulle spalle e che ha passato quasi tutta la vita con il timore e la colpa delle proprie azioni amando allo stesso tempo l'arte, la gioia, le passioni. Una persona che spesso ha desiderato la morte ma che non ancora l'ha incontrata.

Mi chiedo se lei sia una di quelle che ancora non ha scoperto l'infondatezza della paura di vivere e che solo quando la scoprirà potrà serenamente chiudere gli occhi.