- di Anton Corbijn (2007)
Questo film ripercorre le vicende dei Joy Division, band
musicale del genere post-punk che si esprime sulla scena Inglese di fine anni
’80. In verità, il film si focalizza sulla storia personale del cantante di questo
gruppo, Ian Kevin Curtis. La sua vita e la sua arte sono un tutt’uno, la musica
è un momento espressivo liberatorio e angosciante allo stesso tempo, perché
solo lassù sul palco egli vive e descrive la sua esperienza.
Il forte interesse che suscita questo film deriva dalla complessità
che riesce ad intrappolare sulla pellicola. Complessità che si cerca di
racchiudere in una sola parola “Control,” la quale deriva da una delle canzoni
più note “ She lost control”, scritta da Ian dopo aver assistito sgomento ad una
giovane ragazza in preda alle convulsioni causate dall’epilessia, la stessa
malattia che affligge il cantante.
La crisi epilettica è un evento clinico transitorio, dovuto
a un'improvvisa alterazione dello stato di equilibrio delle membrane
neuronali che, attraverso un meccanismo di depolarizzazione, determina una
scarica improvvisa, ipersincrona di una popolazione di neuroni. Un attacco
epilettico con convulsioni di tutto il corpo è anche detto Grande Male e si
distingue da un attacco con sola manifestazione di “assenza” detto Piccolo
Male.
In “Disorder” così, Ian
Curtis, descrive l’esperienza di una crisi epilettica:
“It's getting faster, moving faster now, it's
getting out of hand,
On the tenth floor, down the back stairs, it's a no man's land,
Lights are flashing, cars are crashing, getting frequent now,
I've got the spirit, lose the feeling, let it out somehow”
“Sta diventando più veloce, adesso si muove più velocemente,
sta scappando di mano. Al decimo piano, giù per le scale di
servizio, è una terra di nessuno.
Le luci stanno abbagliando, le macchine si
stanno scontrando, sempre più spesso ora.
Ho raggiunto lo spirito, ho perso le sensazioni, uscite in
qualche modo”
Perdere il controllo dunque e cercare di riconquistarlo,
rimanendo storditi, impotenti e poi frammentati. Questa sembra essere la natura
soggiacente tanto all’esperienza della malattia epilettico-convulsiva quanto alla
sua vita, le canzoni descrivono entrambe con le stesse parole che si possono
leggere in modo diverso.
Riprendendo un’immagine famosa di Albert Einstein “La vita è
come una bicicletta, se vuoi stare in equilibrio devi andare avanti” si può
spiegare il concetto di omeostasi, ovvero quell’equilibrio particolare basato
non sulla staticità ma sulla dinamicità. Uno scambio continuo tra l’uomo e
l’ambiente, tra gli stimoli che ci investono e il controllo del corpo per
andare loro incontro. Se questo scambio continuo si sbilancia, e ciò può
avvenire sia al livello fisico che a quello psichico, le oscillazioni si fanno
sempre più forti fino a fare perdere la sincronia e uccidere il sistema. Così
ogni morte può essere descritta come una perdita dell’omeostasi che l’individuo
manteneva con il suo ambiente.
Immaginate di pedalare su una bicicletta in una strada
ampia, riuscirete ad andare dritti abbastanza tranquillamente. Immaginate ora
che la strada si restringa fino ad una
piccola striscia d’asfalto su cui correre e il baratro a destra e a sinistra,
le oscillazioni del manubrio possono facilmente farvi precipitare e la paura
che ciò accada non può che facilitare la perdita del controllo.
Così Ian descrive la
crisi epilettica di lei in “She lost control”
“And walked upon the edge of no escape,
And laughed I've lost control.
She's lost control again.
And laughed I've lost control.
She's lost control again.
[…] I could live a little in a wider line,
When the change is gone, when the urge is gone, ..”
When the change is gone, when the urge is gone, ..”
E camminò lungo l’orlo del non ritorno,
E rise: Ho perso il controllo.
Lei aveva perso il controllo di nuovo.
[…] Potrei vivere su una linea un poco più larga.
Quando il cambiamento è spacciato, quando l’impulso si è
liberato…
Ma cos’è che restringe la strada nella storia di Ian Curtis? Sono le pressioni sociali, insostenibili che lo portano all’isolamento rendendolo aggressivo verso gli altri e verso se stesso; sono le relazioni amorose che lo frammentano fra sensi di colpa e responsabilità, sono la musica stessa momento espressivo massimo e culmine della fragilità verso le crisi epilettiche.
Ma cos’è che restringe la strada nella storia di Ian Curtis? Sono le pressioni sociali, insostenibili che lo portano all’isolamento rendendolo aggressivo verso gli altri e verso se stesso; sono le relazioni amorose che lo frammentano fra sensi di colpa e responsabilità, sono la musica stessa momento espressivo massimo e culmine della fragilità verso le crisi epilettiche.
Da “Love
will tear us apart”:
“When routine bites hard,
And ambitions are low,
And resentments ride high,
But emotions won't grow,
And we're changing our ways,
Taking different roads
Then love, love will tear us apart again.”
"Quando la routine morde forte,
e le ambizioni sono basse,
e i risentimenti cavalcano alti,
ma le emozioni non cresceranno più
e noi stiamo cambiando i nostri modi di essere,
prendendo strade diverse
Allora l’amore, l’amore ci dilanierà ancora."
Il film è grande in questo: non c’è certezza
nell’identificare quali eventi causano altri eventi nella vicenda del
protagonista, sebbene gli uni precedano temporalmente gli altri nel corso della
vita. Così non sappiamo se sia la malattia neurologica o il malessere
psicologico o il disagio sociale alla base di tutto il resto, come causa
primaria. Vediamo invece spirali che si autoalimentano nel portare un
improvviso quanto fulminante benessere nella prima parte e nella seconda parte conducendolo
verso l’abisso, fatale.
“Il passato è già parte del mio futuro... e
il presente è fuori dal mio controllo”
Pedalo su una strada che si è ristretta, fortunatamente non fino al punto da farmi perdere l'equilibrio.
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